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La peste a Roma

Fu allestito un lazaretto all'isola Tiberina

Arrivò ai primi di giugno del 1656. Un marinaio napoletano aveva preso alloggio in una locanda di via di Montefiore, a Trastevere; si era ammalato e l'avevano trasportato all'ospedale di San Giovanni, dove morì dopo pochi giorni. Il medico della Congregazione della Sanità escluse che si trattasse di peste,, nonostante gli assistenti dell' ospedale avessero fatto presente che «era morto con segnali» di peste.
E fu un errore fatale, perché non vennero messe in atto, per evitare il contagio, quelle accortezze necessarie in certi casi nella locanda dove il marinaio aveva alloggiato. Accadde però che l'ostessa e i suoi figli morirono una decina di giorni dopo, e ci si convinse che era peste; ma ormai l'epidemia era chiaramente in atto e andava localizzata in tutto Trastevere. In una notte venne isolato il rione con rastelli, cioè con lunghe cancellate di legno custodite da guardie armate, che avevano l'ordine di sparare a vista a chi tentasse di entrare o uscire. Fu poi allestito un lazzaretto all'Isola Tiberina, sbarrando gli accessi dei due ponti, perché all'isola si doveva arrivare solo con barche, che venivano poi utilizzate anche per il trasporto dei cadaveri alla spiaggia presso la basilica di San Paolo per seppellirli in fosse comuni.
Vennero istituiti altri quattro lazzaretti; due a San Pancrazio e a Casal Pio V per la convalescenza dopo una prima giacenza all'Isola; un terzo in via Giulia per la corroborazione della salute dopo la convalescenza; un quarto al convento di Sant'Eusebio, dove «erano collocati que' poveri, i quali ammalando nelle case sospette per esserne usciti infermi di peste», e non avendo i sintomi propri, erano considerati "sospetti" e quindi appestati. "Brutto" e "sporco" era definito tutto ciò che veniva chiaramente a contatto con gli appestati, come medici, confessori, guardie, barche, carrette; furono peraltro vietati cortei, processioni e pubbliche funzioni e fu proibito il suono delle campane, per evitare che i fedeli, a quel richiamo, si riunissero nelle chiese.
Fu inoltre prescritto a medici, chirurghi e cerusici di non partire da Roma, pena la vita e la confisca dei beni. La peste terminò nell'agosto 1657. Su una cittadinanza di 100.000 persone, i morti furono esattamente 14.473, di cui 11.373 nella città sulla sinistra del Tevere, 1600 nel Ghetto e 1500 a Trastevere.